29.05.2017

I volti della Cambogia

written by:
Rocco e Giulia | Vitamina Project

29.05.2017

I volti della Cambogia

Eh già, la gente, è la gente che rende vivo un luogo, che lo trasforma a propria immagine e somiglianza. La Cambogia non fa eccezione, qui tutto si rifà ai tratti gentili dei cambogiani, così semplici, e così belli. Una bellezza meno regale di quella thailandese, di certo meno appariscente, ma che però è in grado di ammaliare, di imprimersi nella memoria, quasi fosse una proiezione di una vergine danzante.


D’altronde è questo un paese agricolo, e la vita si conforma più che altrove ai ritmi della luce solare e all’alternarsi delle stagioni, per la verità due: una secca e una delle piogge.
Non c’è nulla di complicato qui in Cambogia, tutto sembra così semplice. Eppure un che di eccentrico si cela tra le maglie di questa società così statica e antica, finendo per disorientare anche il viaggiatore più esperto.
Noi prima di comprendere il senso di questo Paese, abbiamo impiegato un bel po’, salvo poi giungere ad una conclusione: un senso vero e proprio, per come lo concepiamo noi, qui non esiste. Esiste però il buon senso, lì dove per buon senso intendiamo cordialità, ospitalità, discrezione.
I Cambogiani sono a parer nostro proprio così, e nel dubbio, si avvalgono della possibilità di non rispondere, simbolo inevitabile di discrezione, appunto.
Viaggiando la Cambogia in lungo e in largo, abbiamo incontrato tanta gente, ed il più delle volte abbiamo provato ad interagirvi. Qui l’inglese lo parlano in pochi, e la cultura occidentale sembra non fare presa, così l’unico linguaggio universale resta quello dei gesti, dei sorrisi. Sorridendo abbiamo avuto accesso ad ogni luogo: siamo stati invitati nelle case, nei templi, nei mercati, siamo persino stati accolti in una pagoda, nel momento in cui più ne avevamo bisogno, proprio quando non avevamo nessun luogo dove passare la notte. Anche in quel frangente sono bastati un gesto, un sorriso, una richiesta d’aiuto per chiedere all’anziano monaco il permesso di poter dormire sotto la statua del Buddha, al cospetto della divina provvidenza ed in compagnia dei bonzi dalle tuniche arancioni.

DETTAGLI FOTO: Canon 5d Mark II / 24mm / ISO 1000 – F4.

Eccolo qui, questo è l’uomo che ci ha gentilmente ospitato nella Pagoda senza pareti dove risiedeva, era un piccolissimo villaggio sulle sponde del fiume Mekong ai confini della Cambogia. Dal primo momento in cui l’ho incontrato mi ha trasmesso un profondo senso di pace e serenità, quel viso così segnato e quel corpo così nervoruto e atletico era come se mi chiedessero di essere scattati. Dargli un’età era praticamente impossibile. Passata la notte, con le prime luci dell’alba ( a mio parere la luce migliore per i ritratti ) decido di andare da lui e, a gesti, chiedergli se avrebbe voluto farmi da soggetto, mi annuisce, si mette comodo e lo scatto. Monto il 24mm, ottica a mio avviso perfetta per creare una certa empatia con il soggetto data la vicinanza che impone, e allo stesso tempo, permette di dare un’idea del contesto; decido per un diaframma abbastanza aperto (F4), in modo tale da diminuire la profondità di campo e creare un effetto sfuocato tra il soggetto e lo sfondo.

Uomini, donne, bambini e anziani, tutti interpreti di un unico macrocosmo, che non può fare a meno del supporto divino. Quel divino che si esplicita tramite gli insegnamenti placidi del Buddha. E basta passeggiare tra i templi più antichi, perdersi nelle millenarie rovine di Angkor per scorgere un’evidente simiglianza tra le statue e i loro autori. Ed ecco, quindi, che i volti del Bayon, o i bassorilievi delle vergini danzatrici si mostrano in tutta la loro bellezza al visitatore.
Una bellezza cui non può essere negato quel carattere di regalità che avevamo escluso all’inizio del nostro viaggio. Legittimo, giacché il vero viaggio evolve e ci fa evolvere, facendoci cambiare parere e punto di vista. Unica condizione richiesta: una mente predisposta al cambiamento.
Per noi quindi la Cambogia resta un laboratorio estremamente interessante di espressioni, di caratteri e di fisionomie, varie e mai scontate. Un crogiolo di timidezza e gentilezza.

DETTAGLI FOTO: Canon 5d Mark II / 24mm / ISO 320 – F11

Il ragazzo al centro ha circa 27 anni e accanto a lui i suoi due bambini, vivono tutti in uno dei pochi villaggi originali rimasti in Cambogia nella parte più orientale. Grazie a lui e alla sua guida abbiamo attraversato circa 20 km di foreste e villaggi passando una giornata indimenticabile che ci ha permesso di entrare in confidenza e successivamente realizzare questa foto, non sempre la gente dei villaggi si fa scattare.  In questo scatto ho deciso di realizzare un classico ritratto di famiglia, uso un 24mm, scatto in verticale e pongo i soggetti al centro del fotogramma. La luce era molta, per questo abbasso gli ISO (sensibilità della macchina fotografica) e chiudo il diaframma, ma non troppo, così mi assicuro una profondità di campo media (quindi non tutto risulterà a fuoco) e allo stesso tempo, un buon compromesso a livello di luce.

Ricordo ancora quella volta quando, colti da un acquazzone tropicale avevamo smarrito la via della nostra Guest House. Era ormai buio e non avevamo praticamente nessun punto di riferimento a guidarci, così decidemmo di ripararci nel cortile di una scuola. Non ci fu nemmeno il tempo di chiedere aiuto, che due ragazze dagli occhi a mandorla, dalla pelle olivastra e dai capelli lisci e neri ci vennero incontro offrendoci assistenza. E poiché il temporale non accennava a smettere, le ragazze approfittarono per bersagliarci di domande, incuriosite dai nostri tratti esotici, e dal fatto che due viaggiatori occidentali fossero capitati in una remota regione della Cambogia Orientale. Ratanakiri per la precisione. Nacque una bella amicizia tra noi e quelle ragazze, tanto da decidere di posticipare la nostra partenza di qualche giorno.
Viaggiare lento è anche questo, riservarsi la possibilità di poter cambiare tragitto. Nel frattempo loro, con fare gentile, si impegnarono a farci conoscere la realtà quotidiana di cui facevano parte. Una realtà semplice, ma concreta, dove vigono ancora i valori della famiglia, dell’educazione e del rispetto per gli anziani.

Ma non fu quella l’unica occasione per conoscere la Cambogia della gente, di dimostrazioni di gentilezza ne abbiamo ricevute tante. Come quella volta che stavamo facendo l’autostop per raggiungere le rovine di Preah Vihear, praticamente al confine con la Thailandia. Nemmeno il tempo di adagiare i nostri zaini sul ciglio della strada e preparare il pollice all’in su, che si ferma un fuoristrada bianco. Alla guida un ragazzo, al cui fianco c’era un altro ragazzo, e dove stavano andando? Alle rovine di Preah Vihear, a fare affari. Nello specifico andavano a vendere le brioches del loro forno ai turisti. Erano così ansiosi di fare bella figura, che insistettero per farcene provare una. Noi accettammo di buon grado, sempre più contenti di viaggiare per la Cambogia. Anche perché dovevamo ancora fare colazione.
Ma potremmo citare tantissimi altri episodi per confermare la spontaneità di questa gente, che non basterebbe un articolo intero. Ciò che resta è un’esperienza intensa, che ci ha spinto ad andare oltre il tracciato turistico, quello ritenuto sicuro e più ordinario. Spesso si crede che viaggiare in autonomia sia un rischio troppo grosso. Per esperienza possiamo dire che non è quasi mai così, di sicuro non lo è in Cambogia, dove vige una tranquillità millenaria, e dove persino le forze dell’ordine sono pacifiche e disinteressate. Così vi potrà capitare di viaggiare con un motorino noleggiato o acquistato, magari senza patente, senza che questo vi comprometta davanti ad un posto di blocco della polizia.
Il che ad un giudizio troppo affrettato si chiamerebbe caos, invece la parola giusta è semplicità, o meglio tranquillità E poco importa se la povertà sia dilagante. Ciò che conta è il mutuo soccorso, l’unico motore che muove (e tiene a galla) tutta questa gente.

DETTAGLI FOTO:  Canon 5d Mark II  / 14mm / ISO 1250

Qui mi trovavo all’interno di un piccolo autobus a Phnom Penh in attesa partisse per una delle regioni orientali della Cambogia. Come spesso abbiamo detto, la Cambogia è un paese di grande differenze sociali e dove il livello di povertà purtroppo è ancora molto alto; questa ragazza ha in braccio suo figlio piccolo e passava di bus in bus a chiedere l’elemosina. Questa foto l’ho scattata attraverso il finestrino, decido per un 14mm, volevo riprendere lei, suo figlio ma anche la piazza con il gigantesco elefante dietro di loro. Il 14mm, essendo una focale molto ampia crea una piccola vignettatura ai bordi del fotogrammma e impostando un diaframma più chiuso, riesco mantenere quasi tutti i piani della foto a fuoco. In questo modo riesco ad avere una buona definizione su tutti i livelli prospettici e per poter mantenere il diaframma più chiuso, alzo necessariamente gli ISO infatti, se vedete, l’ISO sta a 1250.

Testo di Rocco D’Alessadro
Foto di Giulia Magnaguagno

 

Rocco e Giulia | Vitamina Project

Rocco e Giulia, classe 1984.
Rocco nella vita è archeologo, accompagnatore turistico e travel blogger mentre Giulia lavora come fotografa professionista e videomaker ormai da parecchi anni.
Insieme hanno creato Vitamina Project, un progetto che si propone di divulgare una filosofia di viaggio eco-sostenibile e di dare assistenza e servizi a tutti coloro che desiderano imparare a viaggiare in maniera autentica e attenta alle diversità dei popoli e delle culture.

Vitamina Project racconta di un lungo viaggio tra i paesi del sud del mondo. Un percorso antropologico e sociale che serve a raccogliere materiale fotografico e scritto, fondamentale per la stesura dei volumi GUIDA VITAMINA, la prima guida-diario per viaggiatori.

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